Il trust successorio concerne tutte le pratiche relative al passaggio da un beneficiario ad un altro dei beni, sia materiali che immateriali, e si può applicare non solo al patrimonio personale, ma anche alla gestione/ possesso di aziende famigliari. Si fonda sul diritto di successione.
In questo campo, il Trust ha registrato un ampio utilizzo nel diritto successorio quale alternativa al testamento, poiché esso consente di pianificare il passaggio generazionale della ricchezza per la tutela di particolari esigenze, come ad esempio la tutela di soggetti deboli o della redditività di impresa. Il motivo per cui si opta per tale scelta risiede nel limite che impone il nostro ordinamento circa l’unitarietà della successione. Al fine di chiarire in dettaglio le normative che governano queste pratiche, vengono presentati alcuni estratti delle regolamentazioni che fungono da strumento base per capirne il meccanismo interno.
Rispetto al profilo successorio interno è valida l’applicazione dei principi generali di personalità, con riguardo alla proposizione di un atto personale teso alla tutela dei propri interessi post mortem, della certezza, che si realizza nel contenuto chiaro del testamento, e dell’assoluta revocabilità del testamento.
A questi principi vanno collegate le “tre certezze” del diritto inglese, in quale funge da base del diritto per il trust internazionale, che si identificano nella presenza della volontà di istituire il trust, la certezza, ovvero, determinatezza dei beni da conferire in trust ed, in fine, l’esatta indicazione dei beneficiari.
Tuttavia, il legislatore prevede delle limitate eccezioni all’oggetto della disposizione. Infatti, si prevede che il programma testamentario possa essere integrato successivamente da una volontà esterna che completa quella espressa dal testatore.
La figura in esame è ricondotta all’esame della sostanza che può verificarsi sia per la determinazione dell’oggetto che del soggetto del testamento. In virtù di tale fenomeno è possibile derogare alla regola generale della personalità del testamento, ma la violazione dell’eccezione espressamente prevista dalla disciplina civilista produce la nullità dell’atto con conseguente nullità del negozio di trust.
A tal proposito, nonostante per il Trust sia applicabile il principio della fungibilità delle forme, in tema di vincolo di destinazione, di cui all’art. 2645-ter c.c., la forma prestabilita ad substantiam è l’atto pubblico.
Tuttavia, la questione da superare non si riscontra nella legittimità del vincolo di destinazione che è stato ampiamente dibattuto e risolto positivamente in dottrina, bensì se tale vincolo possa essere idoneo a qualsivoglia tipo di testamento.
In merito a ciò, un primo orientamento, accostatosi al principio di equivalenza delle forme testamentarie, asserisce che il vincolo di destinazione può essere espresso secondo ogni forma testamentaria, poiché ove si ritenesse idoneo allo scopo il solo testamento pubblico, lo stesso dovrebbe essere revocato esclusivamente in forma pubblica fornendo un’ulteriore deroga alla fungibilità delle schede testamentarie.
Nonostante ciò, appare preferibile abbracciare l’orientamento che, ammettendo il vincolo di destinazione testamentaria, ritiene necessaria ed imprescindibile la forma pubblica della scheda testamentaria poiché si identifica come garanzia di legalità e di consapevolezza della formazione della volontà destinatoria.
Nel Trust testamentario il trustee diviene beneficiario non ipso iure, bensì mediante accettazione. Premesso ciò, il legislatore, dinnanzi alle esigenze cautelari che possono sorgere nel momento dell’apertura del trust, offre, ex art. 460 c.c., poteri di gestione conservativa al chiamato e, ex art. 528 c.c., la nomina di un curatore dell’eredità giacente laddove la vicenda successoria risulti essere più complessa.
Al fine di sollecitare una pronta assunzione dell’incarico ed una celere definizione del sistema successorio, il disponente, o testatore, può fissare un termine entro il quale il trustee, o gestore, deve accettare l’incarico e prevedere la loro sostituzione nell’ipotesi di mancata tempestiva adesione.
Tuttavia, la sostituzione di cui si parla, operata dallo stesso disponente o da un soggetto dallo stesso designato, secondo limiti e clausole che ne indirizzano il potere discrezionale, non è riconducibile a quella ordinaria disciplinata ex artt. 688 c.c. e ss.
In mancanza della disciplina di tale ipotesi, nello stesso atto istitutivo, è difficile assumere che gli eredi o i legati possano ricoprire il ruolo di trustee, poiché è un ruolo sconosciuto all’istituzione dell’erede e del legato.
Stante ciò, il problema della non accettazione dell’onere del trustee si manifesta anche in relazione alla pacifica ammissibilità di una nomina giudiziale del nuovo trustee, in quanto si tratta di un’ipotesi prevista dalle leggi regolatrici straniere, ma non dalla normativa interna. Per ammettere tale ipotesi queste leggi dovrebbero essere considerate come norme interne extra codices.
Premesso quanto detto in tema di non riconducibilità dell’istituto dell’erede nel ruolo del trustee, si assume che il negozio di trust non potrà richiamare collegamenti neanche con l’art. 533 c.c. riguardante l’atto di petizione dell’eredità.